Isola di Capri
La storia di Capri – Durante il Pleistocene, Capri continentale ospitava le stesse forme di vita rinvenute lungo la penisola sorrentina di cui costituiva l’estremo lembo. Nel 1906 durante i lavori di ampliamento dell’Albergo Quisisana, furono rinvenuti dal medico e naturalista caprese Ignazio Cerio i resti di animali appartenenti al Paleolitico Inferiore quali il Rinoceronte merckii, l’Elephas primigenius (mammut), l’Ursus spelaeus insieme ad armi di offesa e di difesa come cuspidi di selce e di quarzite scheggiate del tipo chelleano affondate nell’argilla rossa e mescolata nel limo di quell’antico bacino lacustre che fu la valletta della Certosa. Lo stesso imperatore Augusto che «si dilettava in particolar modo di cose singolari per vetustà e rarità», come narra Svetonio, aveva adornato la sua residenza di Capri con «i resti di immani mostri e di fiere che sono dette ossa di giganti e armi di eroi». La presenza dell’uomo primitivo fin dall’Età del Bronzo, è testimoniata dal materiale raccolto, a Capri, nelle località Parate, Petrara, Tiberio, Tragara, Parco Augusto, Campo di Pisco e, sul versante di Anacapri, a Campitello, unitamente a quello recuperato da Ignazio Cerio, Rellini e Buchner nella Grotta delle Felci, che può essere considerata una tra le più importanti stazioni preistoriche italiane.
Piazzetta di Capri (Piazza Umberto I°)
Chiuso questo ciclo, Capri entrò nel grande evento della colonizzazione greca. I Teleboi, primi abitatori delle coste dell’Acarnania e delle isole greche dello Jonio, si stabilirono a Capri intorno all’VIII secolo a.C. come vuole la leggenda. Narra Virgilio nell’Eneide che regnando a Capri Telone, nascesse da lui e dalla ninfa Sebetide, l’eroe Oebalus che estese il suo dominio su molte città e terre della Campania. Dell’antica acropoli restano ancora due tratti del muro di fortificazione in blocchi di calcare, parte in forma quadrata e parte in forma poligonale che partendo dalla località Lo Pizzo, alle falde della collina di Cesina, si estendeva fino al pendio del Castiglione, e formava il perimetro chiuso dell’abitato medievale di Capri. Della colonizzazione del VII e VI sec. a.C. ci resta ben poco dopo le profonde trasformazioni che i Romani apportarono sul territorio durante i regni di Augusto e di Tiberio. Oltre a poche iscrizioni di carattere funerario vi sono i reperti rinvenuti nei lavori di scavo del 1990 nella chiesa di S. Costanzo a Marina Grande e databili alla seconda metà del II sec. a.C.. Tra essi rivestono particolare importanza gli abbondanti frammenti di ceramica cosiddetta «Vernice nera» di tipo Campana A che comprendono un bicchiere originariamente a due anse recante l’iscrizione graffitica in greco «alla salute», tipico augurio di costume ellenistico. Ciò conferma che l’abitato greco si era spostato dal chiuso recinto dell’acropoli verso la marina estendendosi lungo le ariose terrazze di Campo di Pisco, Truglío e Torra dove sorgeranno più tardi le ville impe riali di Truglio e Palazzo a Mare e dove ha inizio la scala che collegava l’insediamento con Anacapri. Fu proprio la grecità dell’Isola, oltre che le bellezze naturali, ad indurre nel 29 a.C. Ottaviano, non ancora Augusto, a togliere Capri dalle dipendenze di Napoli scambiandola con Ischia e a farne un dominio privato incoraggiato, come narra Svetonio, anche dalla improvvisa fioritura di un annoso e secco elce che accolse la sua venuta e che egli considerò come un fausto presagio. L’Imperatore frequentò l’Isola per brevi soggiorni estivi. A lui si devono le prime fabbriche di Palazzo a Mare, zona più adatta alla sua costituzione, insofferente com’era all’eccessivo calore. Il documentato soggiorno del 14 d.C., poco prima di morire nella sua residenza di Nola, ci viene riferito dallo stesso Svetonio che racconta come Augusto amava invitare i Greci e i Romani che abitavano l’Isola a scambiarsi le vesti e a parlare gli uni nella lingua degli altri; come assisteva ai giochi degli efebi e al banchetto dei giovinetti capresi che a gara si abbandonavano al lancio di frutta; come egli aveva immaginato una città di «Apragopoli» cioè del dolce far niente e aveva composto secondo «l’uso conviviale greco» due versi in greco in onore di Masgaba, primo costruttore e amministratore del possedimento imperiale dell’Isola. Al convito di Augusto erano presenti Tiberio e Trasillo, l’astrologo greco che fu devoto consigliere e compagno nel decennale e volontario «esilio» caprese del futuro imperatore. Tiberio all’età di 67 anni, corrispondenti all’ultimo periodo del suo Impero, tra il 27 ed il 37 d.C., stanco ed amareggiato dagli intrighi romani, si rifugiò a Capri in cerca di pace e di solitudine che solo l’inaccessibilità dell’Isola dalle alte rupi e dal profondissimo mare gli poteva offrire. Esilio e solitudine che hanno contribuito a creare il mito di Tiberio, la leggenda delle sue segrete dissolutezze e crudeltà che avrebbe consumato negli anfratti delle grotte di Matermania, dell’Arsenale e Azzurra trasformate in sontuosi ninfei o nei boschetti delle 12 ville fatte da lui costruire e dedicate ognuna ad una divinità. La più grande, la somma, come si usa definirla, era Villa Jovis, sua residenza abituale, eretta su uno strapiombo di circa 300 metri sul mare da dove avrebbe fatto precipitare le sue vittime. L’attiguo faro era organizzato in modo da trasmettere e ricevere segnali dalle vicine coste fino al porto di Miseno dove era ancorata la flotta, per potere così esercitare le supreme funzioni di capo dell’Impero. Entro le mura di questa villa, frequentata anche dal giovane Caligola, egli si segregò per nove mesi consecutivi dopo la sventata ma sanguinosa congiura di Seiano; qui egli assistette inerme alla follia suicida del saggio e vecchio Cocceo Nerva, l’unico senatore che aveva portato con sé; qui ebbe notizia della crocifissione di Gesù prima che lo raggiungesse la morte nella villa di Lucullo a Miseno all’età di 78 anni. Non risulta che altri imperatori abbiano frequentato Capri.
Faraglioni di Capri
Nel 188 d.C. vi morirono esiliate Lucilla e Crispina rispettivamente moglie e sorella di Commodo. L’avvento del Cristianesimo sull’Isola è datato verso la metà del V sec. d.C. in coincidenza con la costruzione, sui resti di un edificio di età tardo-repubblicana, della basilica paleocristiana dedicata poi a S. Costanzo, ad opera dei Basiliani e non deí Benedettini, quest’ultimi giunti sull’Isola nel 580 d.C. in seguito alla donazione di Capri che fece loro il patrizio Tertullo. Perdendo il suo particolare carattere di residenza imperiale, l’Isola restò abbandonata a se stessa. Intorno al 680 d.C. si registra la venuta del vescovo orientale Costanzo santificato dai capresi per aver protetto l’Isola dalle incursioni dei Saraceni che a quei tempi scorazzavano fra Agropoli ed il fiume Garigliano. La popolazione impoverita e decimata fu costretta a rifugiarsi sulle alture della cittadella murata e del Castello dando, così, origine all’abitato che oggi costituisce il centro storico. Nell’anno 866 l’imperatore Ludovico II, premiando gli Amalfitani che con il loro intervento armato avevano liberato il vescovo Attanasio dalla prigionia a cui era stato relegato dal nipote Sergio, tolse Capri dalla soggezione di Napoli e l’assegnò alla Repubblica Marinara di Amalfi che ne mantenne il possesso fino all’avvento dei Normanni. Quando Ruggero II, nel 1137, pose il blocco al Ducato di Napoli, anche Capri ebbe il suo episodio di guerra con l’assedio e l’espugnazione del piccolo castello, poi chiamato «di Barbarossa», arroccato sulle pendici del Monte Solaro. Sotto Federico II di Svevia l’Isola divenne feudo di Eliseo Arcucci, grande ammiraglio del Regno ed avo del conte Giacomo Arcucci, segretario della regina Giovanna I d’Angiò e fondatore nel 1371 della Certosa di San Giacomo: il più insigne monumento del Medioevo caprese. Nel 1442 gli Aragonesi succedettero agli Angioini. Alfonso d’Aragona dopo aver conquistato Capri con un piccolo stratagemma, concesse agli abitanti, con decreto del 1448, il privilegio delle esenzioni dalle tasse, mentre Federico d’Aragona, risolvendo l’annosa controversia tra le due comunità, concesse ad Anacapri, nel 1494, la piena autonomia amminitiva vietando ai Capresi la pesca delle aguglie nelle acque appartenenti a quel territorio. Nel 1519 si intensificarono le scorrerie dei corsari turchi e nel 1535 Khayr-el-Din, detto «Barbarossa», mise a ferro e fuoco l’Isola seguito da Dragút nel 1539. Per tale motivo gli abitanti furono autorizzati a portare armi e per disposizione del viceré Parafan de Ribera vennero costruite torri di segnalazione su tutte le coste del Regno e rafforzate quelle esistenti sull’Isola. Dopo la peste del 1656 che decimò la popolazione, iniziò un periodo di rinascita che vide la costruzione della Cattedrale di S. Stefano, il Vescovado (attuale Municipio) e il Convento delle Teresiane con l’annessa chiesa del SS. Salvatore ad opera, ambedue, di Madre Serafina che fece erigere anche ad Anacapri un altro convento e la chiesa di S. Michele, arricchita, nel 1761, da un pavimento in maiolica che riproduce scene del Paradiso Terrestre. Con l’avvento dei Borbone, sotto il regno di Ferdinando IV, Capri divenne meta preferita del Sovrano per l’annuale caccia delle quaglie. Ebbero inizio i primi scavi archeologici di Villa Jovis, Palazzo a Mare, Castiglione e Damecuta da parte dell’incaricato del re borbone, Norberto Hadrawa, che li condusse per fini non del tutto umanistici e disinteressati. La repressione del 1799 che seguì la breve stagione della Repubblica Partenopea, portò sul patibolo il medico caprese Gennaro Arcucci ed all’esilio l’ultimo vescovo di Capri Francesco Saverio Gamboni. Nell’aspra lotta fra Napoleone e l’Inghilterra per il dominio in Europa, Capri divenne il centro di avvenimenti militari che si concretizzarono nel 1806 con la sua occupazione da parte di una guarnigione francese. Ma nello stesso anno una squadra inglese riuscì ad impadronirsi dell’Isola che, per opera del governatore Sir Hudson Lowe, venne fortificata tanto da essere chiamata dai Francesi la «Piccola Gibilterra». Insediatosi Gioacchino Murat sul trono dí Napoli, l’Isola venne riconquistata daí Francesi fino al crollo della potenza napoleonica e alla restaurazione borbonica del 1815. Durante tutto l’Ottocento Capri entrò nel flusso della vita romantica che pervase l’Europa e divenne meta di viaggiatori in cerca di pace e di semplicità, luogo di soggiorno e residenza definitiva di artisti, scrittori e poeti. Nel 1826 il primo albergo, il Pagano (oggi La Palma), ospitò il tedesco Kopisch che insieme al pescatore caprese Angelo Ferraro, detto il «Riccio», scoprì la Grotta Azzurra che da allora divenne la principale attrazione di tutti i visitatori.
Grotta Azzurra di Capri
Nella seconda metà dell’Ottocento sorsero numerosi alberghi tra i quali il Grand Hotel Quisisana. Con l’apertura delle carrozzabili per Anacapri nel 1877, per Marina Grande nel 1878 e per Marina Piccola agli inizi del Novecento, e con la realizzazione della Funicolare che entrò in funzione nel 1907, ebbe inizio un rapido sviluppo urbanistico che vide la costruzione di alcune residenze della borghesia internazionale quali Villa Lysis del conte J. Fersen, Villa Torricella delle signorine americane Wolcott-Perry, Villa S. Michele del medico svedese A. Munthe, Villa Behring dell’omonimo medico tedesco scopritore del vaccino contro la difterite, Villa Narcissus del pittore Coleman, Villa Quattroventi del pittore Vedder, Villa Discopoli del pittore D’Aras, etc. Negli ultimi decenni dell’Ottocento la popolazione raddoppiò per la forte immigrazione di mano d’opera dalla terraferma e Capri vide crescere il proprio patrimonio alberghiero e di strutture turistico-ricettive tanto da affermarsi, tra fine Ottocento ed inizi Novecento, come una delle prime località turistiche mondiali. L’industriale tedesco Friedrich Alfred Krupp, agli inizi del Novecento, fece costruire e donò al Comune di Capri una delle strade più suggestive che porta ancora il suo nome e che è stata definita, non a torto, da Roberto Pane «una autentica opera d’arte». Nei primi decenni del secolo l’Isola divenne luogo di convergenza di correnti culturali e politiche. Lo scrittore Maksim Gor’kij arrivò a Capri nel 1906. Nello stesso periodo vi si insediarono centinaia di profughi, artisti e rivoluzionari russi e venne fondata la cosiddetta «Scuola di Capri» per l’educazione alla tecnica rivoluzionaria. Contemporaneamente alla folta comunità russa vi soggiornarono grandi scrittori e poeti come Conrad (1906), Rilke (1907), Bunin ed in seguito D.H. Lawrence e C. Mackenzie. Più prolungata e stabile fu la presenza del poeta e dandy Jacques Fersen, dello scrittore scozzese Norman Douglas e di Axel Munthe. Gli anni Venti sull’Isola vennero caratterizzati dalle manifestazioni artistiche dei futuristi, con alla testa Filippo Tommaso Marinetti, e dall’opera di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale locale svolta dallo scrittore Edwin Cerio. Negli anni Trenta, oltre alla costruzione di opere pubbliche come il porto commerciale (1932), si registra la permanenza di Curzio Malaparte che vi costruisce la famosa «casa come me», dello scrittore Alberto Moravia e della sua compagna, la scrittrice Elsa Morante, di Marguerite Yourcenar ed in seguito del poeta Pablo Neruda. Negli anni Cinquanta l’Isola accentua le sue caratteristiche mondane e frivole e diventa, dagli anni Sessanta in poi, una meta del cosiddetto turismo di massa. Dagli anni Settanta il nome di Capri si lega sempre più alle grandi firme della moda che vi aprono lussuosi negozi. Nonostante tutto riesce, però, a conservare il suo carattere di luogo dell’anima e di centro culturale.
Fonte: Testo tratto da “Itinerari storici e monumentali di Capri” di Salvatore Borà